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10 insegnamenti del jazz validi per la psicoterapia in 10 brani (SIDE B)

Prosegue il decalogo che elenca le peculiarità dell'improvvisazione jazzistica utili a guardare da una prospettiva insolita, musicale, il mondo della psicoterapia. Il processo creativo che si consuma mentre viene generato è il fulcro di entrambe le attività.

6. Imitare reinventando.

Chi suona o ascolta jazz mastica gli standard, brani che costituiscono il repertorio condiviso da un’intera comunità musicale al punto da consentire di incontrarsi senza conoscersi e suonare insieme (jam session). Gli assoli sono ricchi di citazioni, di richiami continui ai più grandi inglobando i loro fraseggi celebri nella propria creazione, bussola per la ricerca del proprio stile personale. Gli standard esistono solo nelle loro interpretazioni, non c’è una versione 'originale' di Autumn Leaves (uno degli standard più celebri), una versione che sia più attendibile di un’altra: il jazz è costruttivista! Esistono solo versioni che spiccano per intensità e coerenza col sentire del musicista. Allo stesso modo per il terapeuta è importante raccogliere le influenze provenienti da libri e didatti con l’obiettivo di non fermarsi ad una rigida emulazione ma di riassemblarle in un modo creativo ed il più possibile coerente con la propria persona.

Quando si pensa a "My funny Valentine" si sente già risuonare la voce di Chet

7. Conciliare armonicamente la propria libertà con quella altrui.

Nelle diverse formazioni jazz, dal più comune trio sino alla vera e propria orchestra, tutti i musicisti possono invariabilmente improvvisare continuando a suonare insieme. I musicisti accompagnano il solista, lo sostengono con attenzione offrendo poche note che l’improvvisatore sceglie come impiegare, traendone spunto per l’assolo. Si impara a lasciar spazio prestando un ascolto attivo su cui si sorregge l’esibizione dell’altro. Si tratta di un esempio di cooperazione straordinaria in una transitoria asimmetria legata ai ruoli. Il terapeuta non sostiene forse il paziente nella costruzione del suo assolo?  

L'orchestra, un esempio di democrazia perfetta

8. Coltivare l’attitudine a stare sul processo indipendentemente dal contenuto.

“Quando non sai cos’è, allora è jazz”, scrive Baricco in Novecento. Ridurre in sterili categorie musicali le mille declinazioni del jazz è davvero infruttuoso, sarebbe come confondere la sintassi col lessico. 

Anche Bach fu improvvisatore e persino le sue partiture possono essere approcciate con uno sguardo jazzistico, flessibile e rigenerante. Ogni brano, indipendentemente dai generi, può essere riarrangiato in chiave jazz, così come in terapia ogni contenuto può entrare nel dialogo ed essere oggetto di un’attenzione particolare. Ciò che rende un brano jazz è il tipo di intenzione che vi si mette.

Questo brano dell'album "Kind of blue" non ha alcun tema, solo un'armonia su cui improvvisare

9. Vivere ogni istante come unico e irripetibile

“La musica jazz vive e muore nel momento della performance e in quel momento il musicista è la propria musica” (Ted Gioia). Il jazz si compone di racconti fatti di note che dialogano nel qui e ora, la sorgente da cui si abbevera è il momento presente che dona una qualità particolare all’esibizione. Non ci sono musicisti che incidono 'cover' di assoli già suonati da qualcun altro, svuoterebbe di senso quelle note, sarebbe come comportarsi da falsari. Anche in psicoterapia, secondo Bion, il terapeuta dovrebbe entrare in seduta "senza memoria e senza desiderio".

Keith Jarrett, le prime quattro note improvvisate gli sono sufficienti ad intuire la direzione dell'intero concerto

10. Allentare la tendenza al perfezionismo per la ricerca dell’autenticità.

La bellezza di una sinfonia apprezzabile in un concerto di musica classica raggiunge canoni di estetica musicale inarrivabili. In un concerto jazz, però, si genera una bellezza diversa, legata all’estemporaneità: l’improvvisatore è un compositore che compone mentre si esibisce, dando modo di osservare un processo direttamente in vivo. Questo vuol dire abbracciare un’estetica essenzialmente imperfetta, meno pulita ma decisamente più autentica, al punto da contemplare l’errore. Le note giuste nel jazz non esistono, ci sono solo le note utili al racconto del musicista. Risuona come una versione musicale della sospensione del giudizio.

Monk, meravigliosamente impreciso

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